Montepeloso
Tradizioni, storia, curiosità, immagini, lingua.

giovedì 4 luglio 2019

Riforma agraria, occupazione delle terre, Taccone


Dopo la Riforma agraria vi furono a Irsina diversi anni di relativo benessere non solo per i contadini ma per quasi tutta la cittadinanza. Muratori, falegnami, ferraioli lavorarono a più non posso, i negozianti di stoffe e i sarti videro accrescere i loro guadagni. Poi quell’ondata di benessere sembrò calare. Un contadino una volta paragonava l’Ente Riforma a un aereo con un grosso buco da cui perdeva la benzina a fiotti: sarebbe andato avanti finché avesse potuto. La benzina, nel discorso di quel contadino, rappresentava le ingenti somme di denaro sparse a piene mani dall’Ente su Irsina. Finita quella benzina, i braccianti e i piccoli contadini e gli assegnatari e gli edili che avevano avuto un certo respiro per i lavori commissionati dall’Ente Riforma, ricominciarono ad agitarsi, ricordando gli imponenti scioperi del dopoguerra, le grandi occupazioni di terre dal 1947 al 1949 che avevano dato alla cittadinanza irsinese un alone di turbolenza. Infatti in quegli anni le agitazioni sociali furono molte intense. Spesso ci fu a Irsina quasi lo stato d’assedio e pattuglie di Polizia e Carabinieri, in assetto di guerra presidiavano il paese con autoblindo.
Ma già qualche anno prima la vivacità degli Irsinesi si era manifestata anche con gravi fatti. Quando i Tedeschi abbandonarono Irsina, il 22 settembre 1943 la popolazione, esacerbata dagli abusi di fascisti locali e specialmente sentendosi finalmente libera dall’incubo di una settimana di occupazione nazista, incominciò a manifestare per le strade e si inasprì fino al punto da massacrare un pover’uomo che era stato sino a quel giorno segretario comunale. Fortunosamente scampò invece al linciaggio della folla un altro individuo che pare avesse avuto davvero continui e poco chiari rapporti con i Nazisti.


La situazione economica e sociale di Irsina deve far comprendere appieno quella famosa turbolenza attribuita al popolo irsinese.
Come in diversi altri luoghi della Basilicata, nel 1949 esisteva a Irsina una larghissima schiera di braccianti agricoli in condizioni precarie vicine alla fame e un ristretto gruppo di proprietari terrieri che possedevano vastissimi latifondi che a volte neppure coltivavano appieno. Di qui le agitazioni e gli scioperi per il lavoro e per la terra e di qui l’affluenza della popolazione nei partiti di sinistra e in particolare nel PCI.
Veramente Irsina ha una lunga tradizione socialista: già intorno al 1885 a Montepeloso esisteva una Società di Mutuo Soccorso di impostazione socialista e dal 1911 la amministrazione comunale fu tenuta dai rossi e fu lasciata nel 1923 solo in seguito alle violenze fasciste e al bando, dai fascisti decretato, contro eminenti concittadini come il maestro Vincenzo Torrio e l’avvocato Di Mase.

Con la Riforma Agraria furono scorporate e assegnate a braccianti agricoli le vastissime tenute della contessina Nugent a Notargiacomo, a San Giovanni, a Monteverdese; le zone di Taccone e di Piana Cardone, i terreni fertilissimi della valle del Bradano. Zone intere che prima erano abbandonate al pascolo o isterilite in monotone colture estensive furono spezzettate a dar lavoro e sostentamento a diverse centinaia di famiglie sottratte così alla miseria nera e alla fame.

Verso le Difese, nella zona Matinelle è sorto il Villaggio Difese, meglio conosciuto come Santa Maria d’Irsi, anche se non ha nulla a che fare col monte Irsi. Il Borgo dovrebbe dare la terra e la casa a centinaia di famiglie contadine in molti poderi dotati di abitazione e di stalla. Nel Borgo sono sorti numerosi edifici, dalla scuola alla caserma dei Carabinieri, dalla casa Comunale alla chiesa che sembra di gran lunga la più bella costruzione. Tutto fu progettato nel 1947 e nell’aprile di 1948, pochi giorni prima delle elezioni politiche, uomini di promo piano della vita pubblica vi posero la prima pietra. Il Villaggio non è ancora abitato e le casette sparse nei poderi intristiscono nella solitudine e nell’abbandono.

Altri borghi rurali sono sorti nelle zone espropriate dall’Ente: Notargiacomo, San Giovanni, e Taccone; i nomi di questi borghi sono legati a una tappa fondamentale dello sviluppo economico e sociale del paese: rappresentano la Riforma Agraria, la terra ai contadini, la prima comparsa della meccanizzazione agricola e dei processi moderni di coltivazione dei campi.


tratto dal libro di 




Michelino Dilillo 






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Madonna di Juso - Magna Grecia, Bizantini a Montepeloso


Si fa risalire ai coloni della Magna Grecia l’essersi spinti all’interno di questa terra di boschi (Lucania vuol dire terra di boschi) fino a fondare un villaggio se non proprio nel posto dove sorge ora Irsina, almeno nelle immediate vicinanze. Un intero quartiere del paese è dedicato a quei primi fondatori: una via, un largo e fino a qualche tempo fa vi era anche un Arco dei Greci. Questo crollò in seguito a frane e si portò dietro nella caduta parecchie case ultracentenarie. Anche una contrada di campagna è consacrata ai Greci e immediatamente fuori del paese, dalla parte del quartiere dei Greci, Janora afferma che ci fosse una chiesa della Madonna dello Juso, la cui statua, che ora è conservata in cattedrale, pare rappresentasse a quei tempi antichissimi, una dea pagana.

Sembra quindi che il nucleo originario di Irsina debba risalire a tempi avanti Cristo, ma i primi documenti sicuri risalgono a qualche decennio prima dell’anno Mille, allorché (988) Montepeloso venne distrutta dai Saraceni. Nel 1010 i cognati Melo e Dato da Bari capeggiarono una rivolta contro il governo dei Bizantini con cui si scontrarono a Montepeloso, sull'altipiano che immediatamente segue l’attuale chiesa di Sant'Agostino.
Nel Medioevo la vita del piccolo Montepeloso non deve essere stata molto tranquilla se resti di unitissime mura si possono ancora vedere oggi, se tre porte (Portarenacea, Porticella e Sant’Eufemia) e un capace fossato ne sbarravano l’accesso e se si notano i segni della presenza, oltre che dei Bizantini, anche dei Saraceni e dei Normanni. Pare, anzi che nel 1133 tutta la popolazione fino ai vecchi e ai neonati, sia stata passata a fil di spada da Ruggiero II il Normanno, inferocito per la lunga e fiera resistenza oppostagli dalla cittadella, come ben descrive Don Peppino Arpaia nei suoim appunti di storia montepelosana.

Del resto, un museo cittadino allestito dallo stesso Janora, raccoglie cimeli di ogni età, dalle epoche primitive alle più recenti.
Tratto dal libro di 



Michelino Dilillo 






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