Montepeloso
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giovedì 10 maggio 2018

Notargiacomo

Notargiacomo - 1958
La situazione economica e sociale di Irsina deve far comprendere appieno quella famosa turbolenza attribuita al popolo irsinese.
Come in diversi altri luoghi della Basilicata, nel 1949 esisteva a Irsina una larghissima schiera di braccianti agricoli in condizioni precarie vicine alla fame e un ristretto gruppo di proprietari terrieri che possedevano vastissimi latifondi che a volte neppure coltivavano appieno. Di qui le agitazioni e gli scioperi per il lavoro e per la terra e di qui l’affluenza della popolazione nei partiti di sinistra e in particolare nel PCI.
Veramente Irsina ha una lunga tradizione socialista: già intorno al 1885 a Montepeloso esisteva una Società di Mutuo Soccorso di impostazione socialista e dal 1911 la amministrazione comunale fu tenuta dai rossi e fu lasciata nel 1923 solo in seguito alle violenze fasciste e al bando, dai fascisti decretato, contro eminenti concittadini come il maestro Vincenzo Torrio e l’avvocato Di Mase.
Con la Riforma Agraria furono scorporate e assegnate a braccianti agricoli le vastissime tenute della contessina Nugent a Notargiacomo, a San Giovanni, a Monteverdese; le zone di Taccone e di pana Cardone, i terreni fertilissimi della valle del Bradano. Zone intere che prima erano abbandonate al pascolo o isterilite in monotone colture estensive furono spezzettate a dar lavoro e sostentamento a diverse centinaia di famiglie sottratte così alla misera nera e alla fame.

Verso le Difese, nella zona Matinelle è sorto il Villaggio Difese, meglio conosciuto come Santa Maria d’Irsi, anche se non ha nulla a che fare col monte Irsi. Il Borgo dovrebbe dare la terra e la casa a centinaia di famiglie contadine in molti poderi dotati di abitazione e di stalla. Nel Borgo sono sorti numerosi edifici, dalla scuola alla caserma dei Carabinieri, dalla casa Comunale alla chiesa che sembra di gran lunga la più bella costruzione. Tutto fu progettato nel 1947 e nell’aprile di 1948, pochi giorni prima delle elezioni politiche, uomini di promo piano della vita pubblica vi posero la prima pietra. Il Villaggio non è ancora abitato e le casette sparse nei poderi intristiscono nella solitudine e nell’abbandono.
Altri borghi rurali sono sorti nelle zone espropriate dall'Ente: Notargiacomo, San Giovanni, e Taccone; i nomi di questi borghi sono legati a una tappa fondamentale dello sviluppo economico e sociale del paese: rappresentano la Riforma Agraria, la terra ai contadini, la prima comparsa della meccanizzazione agricola e dei processi moderni di coltivazione dei campi.



 Borghi rurali sorsero nelle zone espropriate dall’Ente per la trasformazione fondiaria; nelle contrade Notargiacomo, Taccone, San Giovanni sorsero le borgate omonime. Altri agglomerati di abitazioni sorsero a Piana dei Carri, a Monteverde, a Piana Cardone.
I borghi e le case sparse di campagna, se vi fosse stato uno stabile insediamento umano, avrebbero potuto rappresentare uno sbocco alla penuria di alloggi. Ma non andò così.  Gli agglomerati umani non furono mai vitali perché non furono forniti di energia elettrica né di acqua corrente e fogna, né di guardia medica, né di altri servizi essenziali, se non troppo tardi, quando i poderi erano ormai stati abbandonati. Periodo di intenso insediamento nei borghi può considerarsi l’annata agraria 1958-59, come si evince dalle iscrizioni di alunni alle scuole di campagna che erano state istituite in alcuni locali dei villaggi. A Notargiacomo all’inizio dell’anno scolastico si iscrissero meno di dieci alunni e non tutti frequentarono le lezioni, ma alla fine dell’anno la scuola contava 42 alunni iscritti e tutti frequentavano regolarmente, A mano a mano che si inoltrava la primavera e si avvicinava il raccolto, la popolazione delle borgate aumentava rapidamente.
Le immagini mostrano quel che resta di quel villaggio
Rimanevano insoluti però i problemi di fondo. Taccone è stata costruita come villaggio tradizionale, la chiesa e gli uffici intorno a cui sorgono le abitazioni. Un serbatoio di acqua potabile alimentato con autobotti permetteva il funzionamento di qualche fontana pubblica. Un gruppo elettrogeno forniva corrente elettrica non solo agli uffici, ma anche alle abitazioni, sia pure limitatamente nelle poche ore serali ma non notturne. Ma a Notargiacomo e a San Giovanni le cose non stavano così. La chiesa e gli uffici al centro anche qui, comprese le case dei funzionari dell’Ente Riforma, ma con il rifornimento giornaliero di acqua potabile e il gruppo elettrogeno la sera; le case degli assegnatari, però, sono sparse in un raggio vastissimo, a distanze fino a 500 metri l’una dall’altra e ancora più lontane dal centro. Niente gruppo elettrogeno per questi assegnatari, niente fornitura di acqua potabile. Un’autobotte distribuiva due volte a settimana, 200 litri di acqua di pozzo. A Notargiacomo e a Taccone era aperto uno spaccio a cura dell’Ente riforma nel quale si potevano acquistare tabacchi, pasta, salse, liquori. Ma non il pane e altri generi necessari che bisognava procurarsi ogni giorno in paese, viaggiando a pagamento su uno sgangherato autobus di linea che si manteneva con un contributo dell’Ente e uno del Comune. Quando era buon tempo gli assegnatari delle palazzine più vicine agli uffici potevano andare a trattenersi qualche ora nel circolo degli assegnatari a giocare a carte o a guardare la televisione. Per quelli più lontani e per tutti se era mal tempo, rimaneva la stanchezza, il lume a petrolio o la candela da risparmiare, e il letto appena buio.


Notargiacomo - 1985
A San Giovanni non c’era nemmeno lo spaccio e il posto più vicino per qualche acquisto era Notargiacomo, distante 5 chilometri da percorrere a piedi.
Le 495 famiglie assegnatarie, insomma, dopo pochissimi anni, abbandonarono i villaggi e alcune tronarono in paese, altre emigrarono verso il nord Italia o all’estero.






Tratto dal libro di Michelino Dilillo 
IRSINA 
vita e scuola in un comune del mezzogiorno













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