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Notargiacomo - 1958 |
La situazione economica e sociale di Irsina deve far
comprendere appieno quella famosa turbolenza attribuita al popolo
irsinese.
Come in diversi altri luoghi della Basilicata, nel
1949 esisteva a Irsina una larghissima schiera di braccianti agricoli in
condizioni precarie vicine alla fame e un ristretto gruppo di proprietari
terrieri che possedevano vastissimi latifondi che a volte neppure coltivavano
appieno. Di qui le agitazioni e gli scioperi per il lavoro e per la terra e di
qui l’affluenza della popolazione nei partiti di sinistra e in particolare nel
PCI.
Veramente Irsina ha una lunga tradizione socialista:
già intorno al 1885 a Montepeloso esisteva una Società di Mutuo Soccorso di
impostazione socialista e dal 1911 la amministrazione comunale fu tenuta dai rossi
e fu lasciata nel 1923 solo in seguito alle violenze fasciste e al bando,
dai fascisti decretato, contro eminenti concittadini come il maestro Vincenzo
Torrio e l’avvocato Di Mase.
Con la Riforma Agraria furono scorporate e assegnate
a braccianti agricoli le vastissime tenute della contessina Nugent a
Notargiacomo, a San Giovanni, a Monteverdese; le zone di Taccone e di pana
Cardone, i terreni fertilissimi della valle del Bradano. Zone intere che prima
erano abbandonate al pascolo o isterilite in monotone colture estensive furono
spezzettate a dar lavoro e sostentamento a diverse centinaia di famiglie sottratte
così alla misera nera e alla fame.
Verso le Difese, nella zona Matinelle è sorto il
Villaggio Difese, meglio conosciuto come Santa Maria d’Irsi, anche se non ha
nulla a che fare col monte Irsi. Il Borgo dovrebbe dare la terra e la casa a
centinaia di famiglie contadine in molti poderi dotati di abitazione e di
stalla. Nel Borgo sono sorti numerosi edifici, dalla scuola alla caserma dei
Carabinieri, dalla casa Comunale alla chiesa che sembra di gran lunga la più
bella costruzione. Tutto fu progettato nel 1947 e nell’aprile di 1948, pochi
giorni prima delle elezioni politiche, uomini di promo piano della vita
pubblica vi posero la prima pietra. Il Villaggio non è ancora abitato e le
casette sparse nei poderi intristiscono nella solitudine e nell’abbandono.
Altri borghi rurali sono sorti nelle zone
espropriate dall'Ente: Notargiacomo, San Giovanni, e Taccone; i nomi di questi
borghi sono legati a una tappa fondamentale dello sviluppo economico e sociale
del paese: rappresentano la Riforma Agraria, la terra ai contadini, la prima
comparsa della meccanizzazione agricola e dei processi moderni di coltivazione
dei campi.
I borghi e le case sparse di campagna, se vi fosse
stato uno stabile insediamento umano, avrebbero potuto rappresentare uno sbocco
alla penuria di alloggi. Ma non andò così. Gli agglomerati umani non furono mai vitali
perché non furono forniti di energia elettrica né di acqua corrente e fogna, né
di guardia medica, né di altri servizi essenziali, se non troppo tardi, quando
i poderi erano ormai stati abbandonati. Periodo di intenso insediamento nei
borghi può considerarsi l’annata agraria 1958-59, come si evince dalle
iscrizioni di alunni alle scuole di campagna che erano state istituite in
alcuni locali dei villaggi. A Notargiacomo all’inizio
dell’anno scolastico si iscrissero meno di dieci alunni e non tutti frequentarono
le lezioni, ma alla fine dell’anno la scuola contava 42 alunni iscritti e tutti
frequentavano regolarmente, A mano a mano che si inoltrava la primavera e si
avvicinava il raccolto, la popolazione delle borgate aumentava rapidamente.
Le immagini mostrano quel che resta di quel villaggio |
Rimanevano insoluti però i problemi di fondo. Taccone
è stata costruita come villaggio tradizionale, la chiesa e gli uffici intorno a
cui sorgono le abitazioni. Un serbatoio di acqua potabile alimentato con
autobotti permetteva il funzionamento di qualche fontana pubblica. Un gruppo elettrogeno
forniva corrente elettrica non solo agli uffici, ma anche alle abitazioni, sia
pure limitatamente nelle poche ore serali ma non notturne. Ma a Notargiacomo e
a San Giovanni le cose non stavano così. La chiesa e gli uffici al centro anche
qui, comprese le case dei funzionari dell’Ente Riforma, ma con il rifornimento
giornaliero di acqua potabile e il gruppo elettrogeno la sera; le case degli assegnatari,
però, sono sparse in un raggio vastissimo, a distanze fino a 500 metri l’una
dall’altra e ancora più lontane dal centro. Niente gruppo elettrogeno per questi
assegnatari, niente fornitura di acqua potabile. Un’autobotte distribuiva due
volte a settimana, 200 litri di acqua di pozzo. A Notargiacomo e a Taccone era
aperto uno spaccio a cura dell’Ente riforma nel quale si potevano acquistare
tabacchi, pasta, salse, liquori. Ma non il pane e altri generi necessari che
bisognava procurarsi ogni giorno in paese, viaggiando a pagamento su uno sgangherato
autobus di linea che si manteneva con un contributo dell’Ente e uno del Comune.
Quando era buon tempo gli assegnatari delle palazzine più vicine agli uffici
potevano andare a trattenersi qualche ora nel circolo degli assegnatari a giocare
a carte o a guardare la televisione. Per quelli più lontani e per tutti se era
mal tempo, rimaneva la stanchezza, il lume a petrolio o la candela da
risparmiare, e il letto appena buio.
Notargiacomo - 1985 |
A San Giovanni non c’era nemmeno lo spaccio e il
posto più vicino per qualche acquisto era Notargiacomo, distante 5 chilometri da
percorrere a piedi.
Le 495 famiglie assegnatarie, insomma, dopo
pochissimi anni, abbandonarono i villaggi e alcune tronarono in paese, altre emigrarono
verso il nord Italia o all’estero.

Tratto dal libro di Michelino Dilillo
IRSINA
vita e scuola in un comune del mezzogiorno
Tratto dal libro di Michelino Dilillo
IRSINA
vita e scuola in un comune del mezzogiorno
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