Montepeloso
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mercoledì 4 aprile 2018

I ZANN


I Zann

-   Andiamo a vedere le rane ‑ insisteva Caitanocc, mentre giugno rincorreva tra gli sterpi l'ultima ombra spersa dopo il mezzogiorno.
-      Sscchh, che dormono…
Bisbigliavano Caitanocc e Hangiulèn, stesi sui sacchi sotto il portico dietro la casa, con la voce affogata d'aria bollente.
Allargando le guance e strizzando gli occhi, sussurravano quasi senza suoni.
Il sole si abbatteva sulle pareti della stalla imbiancate da poco e inseguiva l'ultima lucertola nel buco più piccolo della calanca.
-      E andiamo, dai.
-      È lontano: mamma non vuole.
Giugno stana le serpi col fuoco e la caligine fa tremolare l'ulivo dietro la casa.
-      Non è lontano, tua madre non dice niente.
-      Ci sono i Zann.
-      See …
I Zann non hanno corpo, ardono gli occhi se li guardi, consumano il cuore se li vedi, affogano la testa se li pensi.
-      E andiamo – e la spingeva col piede nudo.
-      Prendono chi disobbedisce, non lo sai? ‑ disse col ditino alzato ad ammonire.
Le cicale tacquero d’un tratto così che il silenzio si fece di piombo fuso; due vipere amoreggiavano immobili sull'aia, strette, attorcigliate, sibilavano furore.
Zann era padrone, febbricitante e rabbioso. Senza le brache pisciava lingue di fiamma.
-      Se lo incontri ‑ disse Hangiulèn‑ ti caca fuoco rosso in bocca.
Caitanocc strinse i denti.
-      E se ti prende, con una mestola di rame ti mette fuoco bianco sulle mani, liscio come l'olio bollente. E se tu gridi non esce la voce e nessuno può sentirti, anche da vicino, perché il grido tuo se lo beve il fuoco.
E lei stessa arrochiva la voce, sgranando gli occhi neri e larghi sul cugino.
-      So’ tott fissarei, ha detto papà ‑ fece Caitanocc.
-      Tu prova a disubbidire e vedrai che ti succede.
La pendola gocciolò minuti sotto il porticato, lo scarabeo appallottolò quel tempo fra lo sterco e lo covò, cullando l'autunno figlio tenero.
-      Stiamoci qui, giochiamo sulla paglia.
-      Sono tutte cazzate – protestava Caitanocc.
-      Zio Pancrazio è un miscredente ‑ disse Hangiulèn che sudava perle.
-      Non gridare che ti sentono – la zittì Gaetano.
Controra. L'ombra della casa gonfia di fatica divenne più scura; si udiva ronzare il sonno degli uomini, il fiato leggero delle donne, il volteggiare ottuso delle mosche. Le serpi si sciolsero e scivolarono sfrigolando sulle stoppie, un soffio di polvere e paglia si alzò dai campi, scintille d’oro s’avvolsero nell’aria.
-      Li senti che arrivano?

-- adattamento 
 di Costantino Dilillo -

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Zann, Zanni, Zannu è nome diffuso in tutta Italia; nella commedia dell'arte è il nome generico del servitore furbo o sciocco che interagisce con un padrone autoritario o sciocco a sua volta per la ilarità del pubblico.
L'origine del nome sembra essere la derivazione in Lombardo del nome Gianni, Giovanni, diffuso fra la popolazione veneta. Dal poverissimo Veneto la emigrazione verso la Lombardia (e verso tutta Italia ed Europa) era fenomeno cospicuo; si prese così a denominare Zanni ogni veneto che girasse, mal in arnese, per le contrade lombarde a cercare nutrimento; Per estensione divenne Zanni il girovago mal vestito e affamato, pronto a tutto pur di avere da mangiare.
Al Sud, specie in Sicilia, Zanni, o Zannu, è quasi sinonimo di "zingaro" per la medesima ragione: Zann è chi girovaga in cerca di sostentamento. 
In vaste zone della Sicilia, Zannu, sta proprio per zingaro e nella zona di Modica nel Ragusano, Zanni sono gli zingari che si aggirano per il territorio e sopraggiungono nei campi d'estate, sotto il calore forte del sole, a spigolare. Un forte nesso si può ritenere esistere fra questa tradizione irsinese e la definizione di "Zann" anche in considerazione che gli Zann irsinesi, al pari di quel che si reputa abitudine degli zingari, siano dediti a rubare i bambini.
Originalissimo, pare, unico in Irsina l'arruolamento degli Zann nelle truppe degli spauracchi per i bambini, assieme a Zinannurc, alla Mano-lunga, a u Papùnn.

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