U scazzaridd, secondo la leggenda, ama fare scherzi buffi alle persone che vivono nella casa dove aleggia, svegliandole, spesso di notte, col rullare del suo tamburino, nascondendo oggetti, cambiando di posto a sedie e ad altri mobili leggeri.
Protegge i piccoli e li aiuta in caso di necessità, ma non sopporta di essere insultato e maltrattato. Guai, per esempio, a bestemmiare «all’anima di tuo padre e di tua madre». Diventa cattivo, allora. Si posa sul petto dell’offensore, durante il sonno e mentre è supino, e gli fa mancare il respiro.
A Irsina si è sempre creduto negli spiriti.
Secondo questa credenza, le anime dei morti per disgrazia o per omicidio (nel caso dello Scazzariddo perché morto senza essere stato battezzato), continuano ad aggirarsi per il mondo e a presentarsi ai vivi, specialmente nel luogo dove è avvenuta la dipartita o nelle immediate vicinanze.
Si raccontava spesso di un giovane caduto dal traino sulla via di Gravina e rimasto schiacciato sotto le ruote del suo mezzo. La sua anima, anzi, il suo spirito, appariva di notte, e a volte anche di giorno se il luogo era deserto, per agguantare il viandante solitario e portarselo all’altro mondo.
Erano i tempi in cui ancora non erano comparsi dalle nostre parti i mezzi a locomozione meccanica, quando tutte le comunicazioni con i paesi vicini e i tragitti per le nostre campagne erano assicurati dagli asini, dai muli e dai traini.
Si raccontava ai ragazzi l’agghiacciante storia dei due fratelli annegati nel Bradano che apparivano, torvi in viso e lordi di fanghiglia, in una nuvola di sassi e di vento, a ciel sereno, sulla via del Santuario di San Michele Arcangelo, nel Gargano, meta di pellegrinaggio di non poche persone di Irsina, a quei tempi, che vi si recavano in carovane di traini, cantando inni religiosi e distrotte, alternati a monotone corone di rosario.
I vecchi raccontavano ancora con timore superstizioso la mala sorte toccata a quel tale che si avventurò, a mezzanotte in punto, a passare, solo, davanti al cimitero. Fatto segno all’attenzione malevola degli spiriti dei trapassati, egli fu preso da tanta paura che, abbandonata la mula che aveva seco, gambe in spalla, si affrettò verso il paese con tanta lena che a casa dovette mettersi a letto con polmonite fulminante, morendone senza misericordia la mattina successiva.
A Portannazz – Porta Arenacea - da cui si entra in paese venendo dal cimitero è famosa per il fresco e per le polmoniti che offre a chi vi arrivi accaldato per la dura salita che ha dovuto superare.
I morti disgraziati, dunque, continuano ad aggirarsi per questo mondo qualche volta con buone intenzioni, quasi sempre incattiviti dal loro stato e si presentano ai vivi sotto forma di fantasmi o di spiriti come si dice da noi. Ma non vi è nessuna possibilità, per loro, di ritornare fra i vivi. Una leggenda a questo proposito, narra che il custode del cimitero ha l’ordine di somministrare un cucchiaino di una sostanza dolcissima e velenosissima a chi, per qualsiasi motivo pensi di svegliarsi dal sonno eterno dei morti per tornare a vivere su questa terra.
Tratto dal libro di
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