Il pellegrinaggio alla Madonna d’Irsi avviene nella prima
domenica di maggio, quando le fave sono già piene ed i vòngl,
i baccelli delle fave fresche, fanno gola. La salita del monte Irsi è abbastanza faticosa, e
molti la facevano con la lingua fuori. Era famoso, anni fa, un personaggio, il
quale trovava modo, tra un pater e un’ave, di assaggiare i vòngl
dei campi lungo i quali si snoda la stretta mulattiera. Appena
sull'altipiano, però, e subito dopo la messa, si faceva una grande scampagnata.
Il padrone della masseria d’Irsi offriva una fetta di pane e
una di ricotta a tutti coloro che non avevano portato nulla da mangiare, ed
erano molti, moltissimi. Gli altri consumavano allegramente sui prati la
colazione portata dal paese e poi tutti cantavano, ballavano e soprattutto
bevevano.
Per le autorità, per le persone importanti, per i membri del
clero, solitamente non più di uno, che accompagnavano la processione fino al
Santuario, per gli amici del padrone, insomma, c’era il pranzo, offerto da
quest’ultimo nelle stanze della masseria, locali al primo piano sopra le stalle ed
i lamioni per i salariati.
Anche questa festa non di rado è stata occasione di gravi
fatti di Sangue. Si costituiva in Basilicata una setta politica reazionaria
detta dei Calderari o dei Rivellesi che nasceva per contrapporsi alle
idee liberali della Carboneria e per combattere ogni moto rivoluzionario per
favorire la restaurazione dei Borboni.
Il 7 maggio 1815 la setta dei Calderari, inserendosi
nei pellegrinaggi ad Irsi (Montepeloso) e a Fondi (Tricarico), diede inizio
alla reazione che portò, anche in seguito alle infelici vicende di Gioacchino
Murat, alla restaurazione borbonica.
Quella sera, proprio di ritorno dal pellegrinaggio a Santa
Maria d’Irsi, la turba dei pellegrini, aizzata dai Calderari, tumultuò per le
strade di Montepeloso. Il tumulto sfociò nell’uccisione del maresciallo della
gendarmeria nel cortile della caserma.
Tratto dal libro di
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