Montepeloso
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giovedì 2 maggio 2019

il primo maggio a Irsina

Irsina, 1 maggio 1958
Non è facile stabilire quando il primo maggio sia stato celebrato per la prima volta a Irsina; come fatto puramente politico ciò avvenne il 1896, e due anni dopo, il 1898, il primo maggio fu occasione di un tumulto spontaneo, causato dalla fame. È certo, comunque, che alla fine del primo decennio del Novecento la festa era entrata a far parte delle usanze della maggior parte della popolazione. Il modo di festeggiare il primo maggio, in quegli anni, era però del tutto sui generis. Mentre infatti, in Italia e nel mondo il primo maggio era una giornata di lotta che preannunziava la grande battaglia che il socialismo avrebbe dato alla borghesia, a Irsina era l’occasione per fare una scampagnata all’aperto, in campagna, e ripeteva la scomparata del lunedì di Pasqua. Fu solo nel primo dopoguerra che la ricorrenza della festa dei lavoratori acquistò il suo significato proprio. Questa, anzi, entrò essa stessa a far parte delle tradizioni irsinesi dando il via ad un costume che ha fatto sentire i suoi effetti fino a qualche anno fa. 
Non per niente durante il periodo fascista si cercò, per quanto fu possibile alle autorità del tempo e con tutto lo zelo di cui esse si dimostrarono capaci, che non fu poco, di fare persino dimenticare quella ricorrenza. Al primo maggio infatti, sono legati gli episodi più odiosi della persecuzione fascista.
Era diventata usanza, per le squadre fasciste, irrompere nelle case private durante festeggiamenti familiari, come nozze, battesimi, trattenimenti, mascherate e portarvi lo scompiglio con il manganello e l'olio di ricino. Queste squadre, ed alcuni elementi di punta in particolare, pretendevano, per esempio di fare il primo giro di ballo con la sposa mentre la nostra tradizione lo riserva come si è visto solo ed esclusivamente allo sposo sia pure con la mediazione del compare di fede; e comunque anche nel seguito dello sposalizio, mai, qualunque invitato può chiedere di ballare con la sposa. E i fascisti non erano nemmeno invitati. Si ripeteva, su scala più vasta e sotto l'usbergo della legge, l'episodio di Rocco Maccù, tanto tragicamente chiusosi in corte d'assise. Ma ora non esistevano più preture, tribunali, o qualsivoglia corte se non per condannare al carcere e al confino i sovversivi.
Per prevenire quindi episodi consimili, negli anni successivi al 1930 il costume irsinese aveva subito quella profonda involuzione che lo ha chiuso in se stesso e lo ha reso sospettoso, in certi casi, anche dell'amico e del compagno. Tutte le feste che non fossero strettamente necessarie o d'obbligo, cessarono del tutto. Si spense specialmente l'usanza del ballo tra famiglie amiche e tra amici in genere, tanto che ancora fino a qualche anno fa era difficile organizzare un trattenimento danzante al di fuori degli schemi fissi degli sposalizi. E comunque non era pensabile, per un giovanotto, invitare una ragazza ad un ballo a meno che non la conoscesse tanto bene, e soprattutto non conoscesse così bene i familiari, i genitori in particolare, da essere sicuro di non ricevere un rifiuto. 
Irsina, 1 maggio 1958
Per il primo maggio stesso negli anni dell'ultimo dopoguerra si tentò più volte di organizzare un ballo popolare in luogo chiuso o all'aperto. I risultati furono sempre tanto negativi da scoraggiare ogni insistenza. 
Il momento centrale della manifestazione del primo maggio, è, dopo la fiaccolata della sera precedente, la grande sfilata per le vie del paese. Tutti aspettano con ansia questo momento per valutare la forza complessiva del movimento dei lavoratori e trarne conforto o sconforto secondo i punti di vista. 
Per tentare di smorzare l'importanza della festa del Primo Maggio, nel 1955 papa Pio XII, in passato vicino al fascismo, istituì la festa religiosa di San Giuseppe Lavoratore nel tentativo di assorbire in festa religiosa la portata politica e di rivendicazione della festa dei Lavoratori. Ma il tentativo, benché riportato regolarmente sUi calendari, risultò vano.
Proprio su questo terreno, a Irsina, tramontato ormai ogni tentativo di impedire con la forza lo svolgimento del corteo si è cercato, negli anni di Scelba e del grande ricatto dell'Ente Riforma, di contrastare l'influenza dei partiti operai organizzando contromanifestazioni e suscitando incidenti a volte gravi fino al sopruso delle autorità di pubblica sicurezza che pretendevano di imporre la divisione dell'abitato in due zone, da riservare, rispettivamente la parte vecchia alla Camera del Lavoro, la parte nuova alla C.I.S.L. 
Il grave stava nel fatto che poi non c'era alcuna festa nella parte nuova, e quindi tutto si riduceva a confinare la manifestazione popolare nei quartieri del paese vecchio, delimitati da piazza Garibaldi e l'arco di Sant’Eufemia. Ma anche questa nuova manovra si è esaurita, in pochi anni, e la festa del lavoro ha conquistato; ormai, tutta la popolazione, che accorre, felice e festante ad ascoltare l'orchestrina e i cantanti che si esibiscono la sera, in piazza Garibaldi.
Importante, comunque, è che negli ultimissimi anni (1965) non ci sono state più nemmeno le tradizionali denunce per questua abusiva, che era il modo abituale, per le autorità di pubblica sicurezza, di partecipare alla festa del lavoro.

Tratto dal libro di 









Michelino Dilillo 






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