Montepeloso
Tradizioni, storia, curiosità, immagini, lingua.

venerdì 29 giugno 2018

i larghir d Montplòs - Irsina e le sue piazze


Piazza Castello, la più grande del paese vecchio, si allunga in forma quasi rettangolare, di cui il palazzo Ducale dei Nugent, e l’edificio scolastico prospiciente, sorto al posto del convento di Santa Chiara, rappresentano i lati più lunghi. Ad est c’è, meglio c’era, tagliata dal resto della piazza dalla lunga strada che è l’asse del paese, la cappella, una chiesetta che finì di morte naturale poco dopo l’inizio del novecento; al suo posto è rimasto una specie di belvedere che guarda il monte Irsi e la fertile valle del Basentello a un lato del quale si trovano un vespasiano e un sotterraneo albergo diurno. Quivi è anche il monumento ai caduti irsinesi nella guerra 1915-18, rappresentante, su di un piedistallo, un fante bronzeo nell’atto di muovere all’assalto, con la mano destra tesa ad indicare il nemico. Su due facciate del piedistallo, quelle rivolte a sud e a nord, sono incisi i nomi dei novantacinque Irsinesi morti in e per quella grande guerra. Sulla facciata a est lo stemma di Irsina; a ovest la scritta:
1915 - 1918
Irsina
ai suoi figli gloriosi
caduti per la patria.
All’opposto vi è l’accesso alla piazza XX Settembre, evidentemente messa vicino al successivo largo Cattedrale dallo spirito anticlericale del tempo dell’unità d’Italia. Quest’ultima è ricordata anche dal 
largo Plebiscito 

dove, nell’ex convento di San Francesco, sono ospitati la caserma dei carabinieri e la pretura, e dove, fino a pochi anni fa, vi era anche il Municipio. Questo, ora, ha un proprio edificio nel corso Canio Musacchio. Il carcere mandamentale, invece, è sulla via Roma, ex via Popolo, ex via Piazza che congiunge largo Garibaldi al largo Plebiscito.
Due sono i quartieri più popolosi ed insieme più malandati del paese, naturalmente nella parte vecchia dell’abitato. Adiacente al largo Plebiscito vi è il casale (via Casale e I e II vico Casale); ad occidente il rione dei Greci, il quale, per le vie Metaponto e San Filippo, si affaccia sul Muro del Vallone. Questi Muri, resti dell’antica Montepeloso, costituiscono altri due e più lunghi belvedere: l’uno ad ovest dell’abitato che guarda la valle del Bradano e vede allungarsi, serpeggiante in discesa, la statale per Tolve e Potenza, sullo sfondo dei monti Pazzano e, molto più indietro e lontano, Vulture; l’altro, a sud del paese, che guarda anch’esso il Bradano, che scorre ai piedi del monte Calderaso, dove si incrocia con la strada provinciale per Grassano, sullo sfondo del bosco Verrutoli.
^All’interno dell’abitato vecchio ci sono diversi larghi.
Il largo del S.S. Salvatore:
qui aveva sede l’antica Università di Montepeloso e, al tempo della rivoluzione partenopea e della repubblica, si tenevano le assemblee cittadine come descritto da Michele Janora nella sua opera “Dai moti del 1799 alla ritrattazione dei Carbonari - saggio di cronaca montepelosina” edito a Potenza nel 1905 da Garramone e Marchesiello.
Il largo di San Basile:
qui, all’imbocco della via Sant’Elia, per il crollo di antiche vecchie case, poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, furono rinvenuti dei resti umani che si dissero appartenere a briganti fucilati e seppelliti sul posto, appena qualche centimetro sotto il selciato, al tempo della repressione guidata dal generale Cialdini.


Il largo San Vito:
qui si trova la casa nella quale sarebbe stata nascosta la reliquia di Sant’ Eufemia all’epoca del suo trafugamento.
E poi largo Sant’Angelo, San Rocco e, sempre più all’interno, San Martino, San Nicola, Cortile della Madonna, Sant’Andrea ed altri.

Nella parte nuova dell’abitato, la piazza Andrea Costa, con la villetta, dà una nota di gentilezza al paese, del quale è un altro punto importante. Su questo spiazzo. nell’anno di grazia 1.011 sarebbe avvenuto, secondo alcuni storici, uno scontro tra insorti montepelosani, uniti ai Saraceni, e Bizantini, che furono sconfitti.
Ad un angolo di questa piazza nel punto dove termina il Corso Matteotti, sorge la chiesa di Sant’Agostino, già sede del convento degli Agostiniani. Di fronte sorge il palazzo Morena e, da banda opposta a questo, nella piazza Andrea Costa, la ex casa del fascio, in tempi più recenti sede della Sezione Speciale dell’Ente Riforma. Gli anziani ricordano i tempi delle prime tornate elettorali del Regno d’Italia quando al ricco borghese che volesse assicurarsi la maggioranza dei voti, bastava porre su questo larghiro un paio di botti di vino a disposizione degli elettori.
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 Tratto dal libro di 
Michelino Dilillo 


IRSINA 
credenze, usanze, tradizioni montepelosane

venerdì 22 giugno 2018

IRSINA - La Notte Romantica” dei Borghi più belli d’Italia


La Notte Romantica” dei Borghi più belli d’Italia
Irsina, 23 giugno 18

Ogni anno, il sabato successivo al solstizio d’estate, ciascuna città riconosciuta nel novero dei “Borghi più belli d’Italia” celebra
La Notte Romantica” dei Borghi più belli d’Italia
Una manifestazione nata con l’obiettivo di rilanciare e rafforzare l’identità dei Borghi promuovendo un’atmosfera romantica associata alle bellezze architettoniche e paesaggistiche dei borghi, un evento di richiamo nazionale che ormai è divenuto un appuntamento annuale di inizio estate.
Sabato 23 giugno 2018, Irsina, fresca di ingresso nel prestigioso novero dei Borghi più belli d’Italia, festeggia la sua Notte Romantica con un programma speciale di intrattenimento e cultura.
Sin dai tempi più antichi è noto lo stretto legame che corre fra i sentimenti più profondi e la creazione artistica. La Notte Romantica di Irsina 2018 racconta l’amore celebrato da tutte le forme artistiche dell’umanità: Musica, poesia, pittura, letteratura, cinema, fotografia, teatro.
E per l’architettura abbiamo i tesori di questo magnifico Borgo entrato a buon diritto fra i Borghi più belli d’Italia.
Così nel suggestivo percorso dei Larghi del Borgo, fra degustazioni e tavole imbandite a lume di candela, racconteremo l’amore attraverso la musica, il teatro, la poesia, l’arte. Una serata ricca di spettacoli, giochi e suggestioni, canti, racconti, azioni teatrali, concerti e a mezzanotte lanceremo verso il cielo le tradizionali lanterne.” 






#BorgoRomantico2018 è il challenge Istagram a cui tutti i protagonisti della notte romantica potranno partecipare inviando foto a tema Amore e bellezza realizzate nei Borghi.

mercoledì 13 giugno 2018

Montepeloso - ti farò come a un ora di notte

primi anni 30

Irsina è posta su di un altipiano quasi pianeggiante, dove si allunga per oltre un chilometro su di una strada che porta al cimitero verso sud ed allo scalo ferroviario verso nord. È circondata da un agro più o meno fertile di circa 26 mila ettari di terreno, di cui qualche migliaio demaniale e boschivo, nelle contrade Difese e Verrutoli.
Nella contrada Difese, a sud-est dell’abitato, vi è una zona detta dei tre confini, perché vi si incontrano i limiti territoriali di Matera, Grassano e Grottole. Verso est il territorio di Irsina confina con Gravina di Puglia e poi, girando tutt’intorno da nord ad occidente e a mezzogiorno, incontra i territori di Genzano e Oppido di Lucania, Tolve e Tricarico. La statale di Bari bivio di Tricarico - Potenza taglia la lunga strada di Irsina quasi nel punto in cui il paese nuovo si attacca a quello vecchio.
La parte vecchia finisce con la porta di Sant’Eufemia e comprende i quartieri più popolosi e più malandati dell’abitato, con casette in genere basse, vecchie, decrepite che si sovrappongono e si raggruppano le une alle altre quasi a volersi, nella loro debolezza, sostenere vicendevolmente.
Dalla stretta porta di Sant’Eufemia, che nel breve suo corridoio ospita l’Ufficio postale e vede affacciarsi una delle porte di accesso alla filiale del Banco di Napoli, si entra nel largo Garibaldi, in mezzo al Castello nella denominazione paesana, e Piazza del Popolo dell’epoca prefascista, in cui sono, a fronte, la rappresentanza dell’antico e del moderno quasi a sfida. Il palazzo Ducale dei Nugent, infatti, nella sua superbia, sembra dire, all’edificio scolastico prospiciente, sorto al posto del convento di Santa Chiara, che lo vedrà morto malgrado sia stato inaugurato soltanto nel 1937, anno XVI E.F. Ma intanto è stato costretto, sin dal 1944, ad accogliere nel suo seno la sezione del Partito Comunista Italiano e ciò gli toglie molta della sua sicurezza. Raccontavano i nonni che il detto t'agghia fe com a n’or d nott, che esprime minaccia di mortale bastonatura, trova la sua origine nella circostanza che anticamente l’immenso spiazzo antistante il castello era, dopo il tramonto, a un’ora di notte, buio e frequentato solo da gente di malaffare; chi, per sua mala ventura vi si trovasse a transitare in ore notturne non invitato e non desiderato da quella gente, correva il serio rischio di passare un brutto quarto d’ora e si narra di diversi omicidi avvenuti così.


Tratto dal libro di 
Michelino Dilillo 


IRSINA 
credenze, usanze, tradizioni montepelosane
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Il testo risale al 1965. 
La sede del Banco di Napoli era ubicata nei locali dove oggi corre il ristorante Ducale il quale occupa anche il locale accanto che all'epoca ospitava l'emporio edicola libreria di Giuseppe Castellaneta.
A seguire c'era la saracinesca dell'Ufficio postale; accanto alla porta sono ancora visibili le tracce delle tre feritoie di diverse dimensioni, con sportellini oscillanti di lamella metallica, nelle quali era possibile "imbucare" la corrispondenza.
In fondo alla viuzza, subito vicino la Porta di S Eufemia, correva una Tabaccheria sulla cui porta era rimasto affisso l'avviso sul lamina metallica "Qui si vende il chinino di Stato", primario e anche unico presidio sanitario contro la malaria che a partire dal 1895 venne distribuito capillarmente in tutta Italia nella rete delle tabaccherie assieme ai generi di Monopolio per arginare la elevata diffusione della malattia.
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venerdì 1 giugno 2018

Montepeloso - a giugno devi mietere

anni '30

Semini quando vuoi, dice il proverbio, ma a giugno devi mietere
Prima si miete l’avena, poi il grano, poi l’orzo. 
Le fave sono già raccolte in biche lunghe ed hanno visto i campi invasi da stuoli di uomini e donne e ragazzi, chini per tutto il giorno quasi sempre in silenzio, perché quando si fatica troppo non si può cantare, intenti a un lavoro molto duro, che la sera ti lascia con le reni spezzate e con le mani graffiate e sanguinanti. 
Per la mietitura la disoccupazione spariva, la mano d’opera non bastava, gruppi numerosi di mietitori venivano dalla marina e affollavano la piazza castello, la sera e la mattina, in attesa di promettere, cioè di essere ingaggiati. La notte dormivano per le strade, in qualche cantina o pagliaio, nelle masserie se erano stati assunti da grossi coloni fittavoli o da agrari proprietari. E la giornata, il salario giornaliero raggiungeva il massimo. C’era gente che doveva vivere tutto l’anno avendo fatti soltanto l’air, i lavori in aia, oppure i summint, la semina. In questi lavori non c’era limite di orario, si lavorava da sole a sole, e la giornata in questa stagione è davvero molto lunga. 
Il problema del vitto, il companatico, diventa perciò, di primaria importanza in queste occasioni. Chi lavora per tanto tempo e con tanta fatica deve pur sostenersi per rendere. Il padrone, quindi, fa il suo stesso interesse a somministrare alimenti sostanziosi e abbondanti ai suoi dipendenti. Non sono stati rari i casi di mietitori morti per insolazione e anche per indigestione; dopo mesi di fame era difficile, evidentemente, contenersi; ma a volte erano anche le conseguenze intossicanti di cibi non sempre di prima qualità.
Durante la mietitura e la trebbiatura si usavano fare cinque pasti giornalieri: u muzzc, una prima colazione verso le sette di mattina; a fedd, una seconda colazione più consistente verso le dieci, il pranzo a mezzogiorno, a murènn, la merenda, al tramonto; la cena, la minestra calda finalmente, la sera, nella masseria se i lavoratori pernottavano in campagna, alla casa del padrone se tornavano in paese. 

Tratto dal libro di 
Michelino Dilillo 

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