Montepeloso
Tradizioni, storia, curiosità, immagini, lingua.

giovedì 20 settembre 2018

MONTEPELOSO 1799 - l'albero della libertà


Alla fine del ‘700 Montepeloso contava 5565 abitanti.
Sindaco era Nicola Altieri.
Dopo la proclamazione della Repubblica Partenopea il 23 gennaio 1799, Montepeloso fu uno dei primi luoghi democratici sorti in Basilicata. 
Già nel febbraio 1799, infatti, in Largo SS Salvatore fu innalzato l’albero della libertà
A capo del movimento democratico vi erano Giacomo d’Amati e altri, mentre incoraggiamento al popolo insorto veniva anche dal vescovo Michele Arcangelo Lupoli che, già impegnato a combattere la corruzione del clero locale, riconosceva nelle idee di libertà e uguaglianza fra gli uomini lo spirito più autentico del verbo evangelico di Cristo. 
Intorno all'albero della libertà si riuniva l’assemblea di tutto il popolo, alla presenza della più bella fanciulla del paese che fu chiamata a rappresentare la statua della libertà.

Davanti all'albero della libertà si celebravano anche i matrimoni. 
In quell'occasione un municipalista profferiva la formula:

Albero mio fiorito
Tu sei la sposa e tu il marito.

Gli atti pubblici recavano l’intestazione
LIBERTÀ’ e UGUAGLIANZA
E si chiudevano con le parole:
SALUTE E FRATELLANZA.

Intanto il cardinale Fabrizio Ruffo a partire dalla Calabria aveva reclutato migliaia di uomini pronti a tutto ed era partito per assalire le città che avevano proclamato la Repubblica, batterne la resistenza e restaurare il potere borbonico sul regno di Napoli. Michele Janora definisce quella truppa: "una feroce accozzaglia di montanari, birri e galeotti."

Il cardinale Ruffo aveva battezzato questa compagine di sanguinari
Esercito della santa fede in nostro signore Gesù Cristo”,
noto nella più nota abbreviazione di esercito sanfedista nel quale aveva arruolato pericolosi criminali come ad esempio il bandito calabrese Nicola Gualtieri detto Panedigrano che fu fatto uscire dal carcere di Messina dove scontava l’ergastolo per diversi efferati omicidi a scopo di rapina a messo a capo di tutti gli altri detenuti liberati appositamente assieme a lui a costituire una piccola legione di circa 1000 assassini di professione, armati e assetati di bottino.

Avuta notizia dell’avvicinarsi del cardinale Ruffo con le sue orde di briganti, Montepeloso inviò 61 uomini armati ad Altamura per partecipare alla difesa di quella città che come Montepeloso aveva aderito alla Repubblica.
Ma dopo il saccheggio del centro pugliese, durante il quale fu fatto scempio anche dei difensori montepelosani, la nostra città fece atto di sottomissione. Ruffo ricevette in Altamura una delegazione di Montepelosani che, in cambio di forti somme di denaro, cavalli, bestiame e provviste alimentari, ottennero che la città non fosse saccheggiata dalle sue truppe.
Giacomo d’Amati a cui furono confiscati i beni, si riallineò ben presto alla fedeltà borbonica mentre il vescovo Lupoli vide saccheggiata la sua dimora e subì lunghe persecuzioni a opera dello stesso Giacomo d'Amati che giunse a porre una taglia sulla sua testa tanto che egli sfuggì miracolosamente a tre tentativi di omicidio e a opera del Giudice Licchelli, corrotto e venale, che acquisite false testimonianze lo fece addirittura incarcerare
Tanto malanimo proveniva da parte del clero montepelosano che, dedito a "scandali" di vario genere, era stato più volte redarguito dal Lupoli il quale scrisse anche al Re per denunciare, fra le altre nefandezze dei preti locali, la estorsione di forti somme al popolo, la malversazione, il disinteresse per la cura delle anime e l'uso dei confessionali per innominabili convegni carnali.

Fonti:

  • Francesco Leoni, Storia della controrivoluzione in Italia (1789-1859), Napoli, Guida, 1975. 
  • Michele Janora - Saggio di cronaca montepelosina - Potenza 1905
  • Michelino Dilillo - Il nostro paese fra cronaca e storia - Matino, 1967


2 commenti:

  1. Ciao Costantino, ti faccio notare che c'è una correzione da apportare nello scritto. Il nome del Cardinale Ruffo era Fabrizio e non Maurizio.

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